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Dopo mesi passati al chiuso, la carnagione ha perso ormai ogni colore. Urge quindi ravvivarla con un bronzer che dia quell’effetto ‘bonne mine’ di una giornata di primavera passata all’aria aperta. Ma attenzione: un prodotto non vale l’altro!

Gli ingredienti fondamentali sono i pigmenti colorati. Possono essere vegetali, minerali o di sintesi. Si riconoscono dalla scritta CI (color index) seguita da cinque numeri. Daniele Minciocchi, chimico formulatore, a Cucina Naturale ha spiegato:

“Quelli vegetali non sono molto utilizzati, perché spesso non sono stabili. Fanno eccezione l’indigo, una tonalità di blu, e la polvere di cacao (Theobroma cacao powder) che si trova in alcuni, pochi, prodotti”. I più diffusi sono i pigmenti minerali che possono essere estratti dalle rocce, o prodotti in laboratorio. In entrambi i casi l’importante è che non contengano impurità e che la loro dimensione non sia così piccola da penetrare la barriera della pelle e accumularsi nel corpo. Più sono impalpabili e più sono facili da stendere, ma se in etichetta vedete che i pigmenti sono nanizzati (1 nanometro è un milionesimo di millimetro) è meglio evitare. Vanno bene invece i pigmenti micronizzati o più grandi ancora”

Per essere coprenti i pigmenti hanno bisogno di una base opaca che li renda efficaci, un po’ come il pittore ha bisogno di una tela per i suoi colori: “L’ossido di zinco (zinc oxide) svolge bene questo compito e ha anche una funzione protettiva dai raggi del sole”, continua Minciocchi“Ai primi posti dell’elenco ingredienti (Inci) si trovano spesso talco, silice e mica, che servono anche come riempitivi”. I peggiori sono quelli totalmente sintetici come la synthetic fluorphlogopite o il nylon-12, una microplastica destinata a rimanere nell’ambiente per centinaia d’anni. Da preferire sono quelli di origine vegetale: per esempio l’amido di mais (Zea mays starch) o quello di riso (Oryza sativa starch o powder) che sono anche lenitivi.

Quasi sempre le terre vengono mantenute compatte da sostanze grasse che rendono più facile la stesura del prodotto come olio di argan, olio di girasole, cera d’api, burro di karitéL’ingrediente che però assolutamente non ci deve essere è il tetrasodium EDTA, un chelante che lega a sé le particelle metalliche che potrebbero far irrancidire gli oli ed è inquinante: mobilizza i metalli pesanti presenti nei fondali marini, avvelenando i pesci che ci vivono e, non meno grave, gli uomini che li mangiano.